Lo spiega Gianni Delorenzi, fondatore e anima del gruppo teatrale.


Bisogna tornare indietro di ventotto anni nel paese di Vacallo (1994). Eravamo un gruppo di amici che si trovava per divertirsi e condividere i problemi della quotidianità.
Nacque l’idea di fare teatro, mettendo in scena situazioni assolutamente credibili ed emblematiche.
Le nostre rappresentazioni prendono corpo da improvvisazioni teatrali eseguite da attori calati in situazioni immaginarie create con precisi intenti.
I risultati ritenuti interessanti vengono riscritti e adattati a una trama. In pratica ciò che mettiamo in scena è il frutto di un laboratorio teatrale, facciamo del teatro sperimentale con tutti i rischi che ciò comporta. A volte i risultati sono stati ottimi, altri meno. Quando la commedia non cattura il pubblico... è un disastro: come per tutti i commerci, ci vogliono dieci anni per farsi un cliente, ma meno di dieci secondi per perderlo. Ai Matiröö piace così, forse perché sono un po’ matti, gli piace rischiare, come il personaggio storico al quale si sono ispirati.
Delorenzi si riferisce a Luigi Pagani, detto Ul Matiröö, che nel febbraio 1847 guidò una rivolta, detta del carlun; un Robin Hood locale che in varie occasioni tolse ai ricchi per dare ai poveri.
Il territorio, la sua storia e la sua lingua è un altro aspetto che caratterizza la compagnia.
Ma il teatro non è solo declamazione e comprensione della parola scritta, sono anche azione scenica e emozioni giocati in diretta, è il linguaggio universale della comunicazione che va oltre le convenzioni della lingua parlata.
I Matiröö hanno calcato i palcoscenici nazionali e sono reduci da un festival internazionale in Belgio.
Essere capiti con il nostro teatro, prevalentemente in dialetto, da persone che il dialetto non lo parlano, è una sensazione indescrivibile, conclude il regista.

tratto da "Terra Ticinese" articolo scritto da Guido Codoni